Flap SutureObiettivo Huntington: impedire l’espansione del tratto CAG nel gene Flap Suture

Lo scorso 28 febbraio 2025 si è conclusa a Palm Springs, nel deserto della California, la 20esima edizione del congresso promosso dalla CHDI, una fondazione no-profit che ha lo scopo di accelerare lo sviluppo di terapie per la Malattia di Huntington (MH). Ci siamo trovati in 385 partecipanti provenienti da 26 Paesi, con l’obiettivo di scambiare idee, condividere risultati, discutere prospettive e intessere proficue collaborazioni scientifiche. La conferenza è stata raccontata con dovizia di particolari dal team di HD Buzz (en.hdbuzz.net), che tutti gli anni compie un lavoro fondamentale nel ridurre le barriere linguistiche tra gli scienziati e le famiglie con MH, avvicinando così i cittadini ai più recenti sviluppi da parte della comunità scientifica.

La novità più rilevante di quest’anno è stata la presenza di oltre 50 aziende biotech e farmaceutiche, tra le quali Roche, Novartis e AstraZeneca. Questa rappresentanza del mondo biotech è sempre crescente, a sottolineare come la ricerca di terapie per la MH non sia più solo appannaggio del mondo accademico e come le conquiste di laboratorio siano state di tale entità e valore da attrarre l’interesse di giganti della farmaceutica.

Il congresso ha preso avvio con la testimonianza di Amanda Staveley e suo marito Mehrdad Ghodoussi. Amanda, una figura di spicco nel panorama imprenditoriale britannico, ha raccontato la sua esperienza come direttrice del Newcastle United, squadra della Premier League inglese che, sotto la sua guida, ha vissuto una rapida risalita dalla bassa classifica fino a guadagnarsi un posto tra le prime posizioni. Un miracolo di visione strategica reso possibile anche – dice lei – dal suo “superpotere”, la MH. In che senso? Durante il suo intervento, ha citato gli studi condotti da “un laboratorio di ricerca italiano” (il nostro) che dimostrano come il tratto di CAG ripetuto nel gene huntingtina (tratto di CAG che, quando va oltre le 36 ripetizioni, causa la malattia) sia stato selezionato positivamente durante l’evoluzione, si ipotizza perché portatore di funzioni cruciali per la sopravvivenza e la funzione del sistema nervoso. Questa considerazione apre a una riflessione sull’evoluzione del tratto ripetuto di CAG nel gene, un aspetto al quale siamo particolarmente legati poiché, se confermato, suggerirebbe che l’aumento del numero di CAG ripetuti e susseguenti uno dopo l’altro, nell’evoluzione come nella malattia, potrebbe essere associato a un miglior funzionamento o strutturazione dei circuiti neuronali. In quell’ora intensa passata ascoltando Amanda e Mehrdad c’è stato anche il racconto dei momenti duri, frequenti, ciclici, ma che Amanda ha voluto condividere soprattutto per sottolineare che il loro superamento si nutre del supporto e della vicinanza delle persone che più amiamo e da cui siamo più amati, dai familiari, agli amici, a quelle persone speciali capaci di stringersi intorno a chi ha più bisogno, oltre che della fiducia nello sviluppo della scienza e della medicina.

Dopo questa toccante introduzione, la conferenza ha lasciato spazio agli aggiornamenti relativi agli studi clinici di alcuni importanti colossi farmaceutici, da tempo impegnati nello sviluppo di una terapia per la MH. Tra di essi, PTC Therapeutics ha catalizzato l’attenzione dei partecipanti, riportando aggiornamenti sullo studio clinico PIVOT-HD per il candidato farmaco Votoplam. Questa molecola mira a diminuire i livelli della proteina mutata, e quindi a diminuirne la tossicità. E’ stata somministrata per via orale una volta al giorno per un anno. Un anno dopo, i dati preliminari suggeriscono che ci siano miglioramenti nei parametri clinici nei pazienti che hanno ricevuto il trattamento. Questi risultati hanno suscitato l’interesse di Novartis, che fornirà il suo supporto per l’organizzazione di studi clinici estesi ad una più ampia platea. L’alleanza tra PTC Therapeutics e Novartis è un altro segnale molto positivo.

Se questo è lo stato dell’arte tra i candidati farmaci che hanno già intrapreso le fasi di sperimentazione clinica, la comunità scientifica è particolarmente attiva dietro le quinte, portando novità e consolidamenti dai quali ci aspettiamo nei prossimi anni ulteriori rafforzamenti di quanto in corso e nuovi sviluppi. La novità più sostanziosa è rappresentata dalla scoperta che la proteina huntingtina mutata non sembrerebbe avere un effetto tossico cumulativo nel corso della vita del paziente. Al contrario, sembra che le proprietà tossiche di huntingtina mutata si palesino solo dopo che il gene che contiene le istruzioni per produrla abbia accumulato progressivamente delle ulteriori espansioni, nel corso degli anni. Da qui l’idea – a cui tantissimi si stanno dedicando, incluso il nostro gruppo a Milano – di prevenire tali espansioni, agendo non solo sulla proteina huntingtina, ma anche su diversi attori molecolari a monte coinvolti in questo processo. In altre parole, il focus ora è tutto su quel pezzo di DNA nel quale è presente la mutazione ma anche sui meccanismi per la sua espansione e “possibilmente” la sua contrazione – che significherebbe “contrasto alla malattia”.

Andiamo per gradi:

Primo. Il DNA – un lungo filo di lettere (chiamate nucleotidi) – è presente in ogni nostra cellula, anche nei nostri neuroni. Esso può andare incontro a piccoli danni, in ciascuno di noi. Questi danni sono pericolosi e le nostre cellule, nel corso delle migliaia di anni che hanno accompagnato l’evoluzione delle specie, hanno sviluppato meccanismi per riparare il nostro DNA dal danno. Ad esempio, alcuni tumori insorgono perché i meccanismi di riparazione del DNA non funzionano. Se l’errore cade in un gene che blocca il ciclo cellulare ecco che la cellula “non riparata” nel suo DNA può proliferare in modo abnorme.

Secondo. Sebbene questo meccanismo di correzione sia rilevante per la salute della cellula, esso può – a sua volta –  commettere delle imprecisioni, fallendo nel suo scopo. Nella MH, la sola espansione del tratto “CAG CAG CAG CAG CAG CAG (etc oltre le 36 ripetizioni)” nella sequenza del gene può essere riconosciuta come “anomala”e richiamare i sistemi di correzione; tuttavia, “sistemare” un tratto così ripetuto, dicono alcuni studi recenti, non è semplice per i nostri meccanismi riparatori. La conseguenza è che la loro azione può, invece di risolvere il danno, avere un effetto controproducente e portare ad un progressivo e ulteriore accumulo di espansioni nel gene – sebbene ciò avvenga molto lentamente nel corso della vita.

Terzo. Studi di popolazione eseguiti su grandi numeri di individui hanno mostrato che questi sistemi di riparazione del DNA (fortunatamente) sono ridondanti, e un parziale mal funzionamento e quindi mancanza di alcuni di questi elementi, non solo è tollerata, ma anzi può portare ad un’insorgenza più tardiva della MH. Cioè esistono alcune varianti delle molecole riparatrici che – proprio perché poco efficienti nel riparare – migliorano la situazione. In altre parole, persone portatrici di queste varianti presentano la malattia più tardivamente.

Se queste sono le novità dalla ricerca di base, come possono esser sfruttate a fini terapeutici?

Ecco allora che i ricercatori, ispirandosi a quanto osservato nella popolazione, stanno iniziando a mettere a punto delle strategie per colpire in maniera selettiva i sistemi di correzione ridondanti, in modo da impedire l’accumulo progressivo di espansioni di CAG nel gene huntingtina mutato e, infine, impedire che la proteina mutata diventi tossica. Tra i bersagli più promettenti per lo sviluppo di terapie innovative per la MH, i ricercatori hanno individuato due molecole che stanno nelle nostre cellule e hanno queste sigle, MSH3 e PMS1, che altro non sono che gli acronimi (spesso incomprensibili) che spiegano le loro effettive funzioni nel nostro organismo (MSH3: Mutator S Homolog 3; PMS1: Postmeiotic Segregation Increased 1). Alcuni studi su linee cellulari umane e su topi – sistemi modello indispensabili a studiare la MH, così come ogni altra malattia, prima di raggiungere la sperimentazione clinica – hanno mostrato che colpire MSH3 e PMS1 con farmaci specifici porta ad effetti grandemente benefici. Alcuni recenti approcci da parte della biotech inglese LoQus23 provano ad inibire selettivamente l’attività di questi meccanismi di riparazione. Stanno sviluppando così piccole molecole che legandosi ai protagonisti della riparazione li distraggono dal vero danno, impedendone il funzionamento. Tali candidati farmaci potrebbero essere abbinati ad altri, già in fase di sperimentazione clinica, contro la proteina huntingtina mutata. In questo modo si cercherà di ritardare grandemente la fase in cui la proteina huntingtina si presenta nella forma tossica, colpendo al tempo stesso le specie eventualmente già presenti.

Noi vediamo gli avanzamenti, sono tangibili. Li vediamo mensilmente nel nostro laboratorio, e diventano salti quantici a questi incontri annuali. Le strade per colpire il gene responsabile della malattia sono sempre più sofisticate, chirurgiche, i dati tutti dicono che le strade da privilegiare sono quelle che puntano al gene, alla sua instabilità, a quel meccanismo intrinseco di espansione del CAG, sapendo che i nostri neuroni ne sono particolarmente vulnerabili. 

Dopo 5 giorni di immersione totale alla frontiera della conoscenza si torna a Milano, con la valigia piena di nuovi spunti e di rinnovato entusiasmo (anzi tanti appunti, messaggi e risultati sono scambiati “live” istantaneamente e direttamente dalla sede del congresso al laboratorio). Giusto il tempo di accomodarsi sul primo dei 3 voli Palm Springs-Washington-Francoforte-Milano e – per i più refrattari al riposo – si è già all’opera tra scali e decolli per immaginare nuove collaborazioni trans-oceaniche e consolidare i rapporti appena creati. Dopo circa 32 ore di viaggio, la traversata è completa. Come premio, circa 20°C in meno ad accoglierci nella fredda Milano e la consapevolezza che salsiccia, bacon e patate a colazione e cena (per chi ha lo stomaco per sopportarli – per gli altri è naturalmente digiuno) saranno solo un ricordo, almeno fino alla 21esima edizione.  

Elena Cattaneo, Camilla Maffezzini, Simone Maestri.

Università degli Studi di Milano.